Agenzia Valerio

Il ricordo è arrivato in occasione della vestizione delle Madonne, il 15 agosto. Una ricorrenza che meriterebbe ben altra considerazione e non solo dalla politica, ma questa è un’altra storia che, forse, riprenderemo in un altro momento.

Lo scritto, con buone probabilità, riceverà poche letture. Il motivo? È lungo. D’altronde risulterebbe difficile spiegare un ricordo legato agli odori con poche righe. Impossibile, almeno per me, farlo in qualche centinaio di caratteri come vuole la “scuola” social pur di non far scappar via possibili lettori quindi possibili like (il direttore del Fatto del Gargano certamente mi capirà).

Il nostro centro storico o borgo antico (anche per capire questa differenza ci sarebbe da investire qualche giornata e qualche euro) oramai, a parte una nuova lingua bianca (Corso Regina Margherita che prima o poi sarò riconsegnato alla città), è in condizioni davvero difficili (per utilizzare un eufemismo). Dagli immobili pericolanti a quelli disabitati, da quelli occupati a quelli in cerca continua di nuovi acquirenti. Le colpe? Di tutti quindi di nessuno.

È un fatto, il cuore di San Giovanni Rotondo che custodisce monumenti, chiese, storie, tradizioni e appunto odori è a pezzi. Persino i profumi, in particolar modo quelli che si avvertivano d’estate, nella “stagione” come direbbe qualche nostro anziano, sono estinti, svaniti.

Tra questi quelli che ricordo con maggior forza sono legati a pietanze semplici fatte di pomodori, origano e olio. Nelle viuzze del centro storico, dopo le 19 (orario che coincideva anche con il rientro dei bagnanti dalle marine di Manfredonia e di Mattinata), quel profumo misto “pomodoro-origano-olio” riempiva le chiazze. La fragranza arrivava dall’interno delle case, separate dalla pubblica via solo da tende a retina per impedire l’ingresso agli insetti. Le case erano perlopiù abitate e tutte aperte. Si riusciva a distinguere persino il rumore dell’acqua che usciva dai rubinetti delle docce e dei lavandini.

Agli odori delle pietanze, delle verdure, dei pomodori, dell’origano e dell’olio si affiancava il profumo dei bagnoschiuma “tedeschi”. Nulla a che fare con l’occupazione nazi-fascista o con lo sbarco degli alleati, i tedeschi erano gli emigranti sangiovannesi di rientro sulla montagna per trascorrere l’estate. Quei migranti che avevano scelto o erano stati costretti a farsi una vita nei Paesi del centro Europa, Germania su tutti, ma per molti sangiovannesi che erano rimasti in Patria la differenza tra un migrante di Stoccarda ed uno di Berna era pressoché nulla: erano tedeschi, punto.  E i bagnoschiuma dei tedeschi erano fragranze forti. Bastava passare nei pressi di una di quelle case che venivano riaperte per poche settimane l’anno per capire che erano arrivati i tedeschi. Molti sangiovannesi avevano un qualche parente residente nel centro storico: una nonna, uno zio anziano, qualcuno. Quei profumi, d’estate diventavano il collante di una buona parte della popolazione.

Oggi quei profumi sono stati sostituiti dalla puzza del chiuso delle case, mal odore che riesce a superare anche porte serratissime, dall’umidità, da escrementi di animali (non solo quelli a 4 zampe) solidi e liquidi. Oggi, quei profumi sono evaporati e con essi anche quel collante che univa molti sangiovannesi. Di quei “tedeschi”, purtroppo, non è rimasto neanche l’odore.

Michele Gemma

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