L’incendio del ghetto di “Rignano” (in realtà nel Comune di San Severo) deve rappresentare la fine di questa forma di non accoglienza degli immigrati nel nostro territorio. Qualcuno ha parlato di dimostrazione di insuccesso delle politiche di accoglienza dell’amministrazione Vendola, vorrei ricordare che dalla Puglia è nato il modello, tanto criticato, di “accoglienza diffusa” sul territorio e a sperimentarlo è stata proprio la giunta guidata da Vendola. La storia del ghetto di Rignano è una storia che sicuramente dimostra un certo imbarazzo da parte della sinistra quando si tratta di temi riguardanti gli immigrati. Certo il ghetto non è stato costruito dalla Regione e possiamo certamente dire che l’azione politica è andata più nella direzione di un miglioramento delle condizioni igienico sanitarie del luogo che per una risoluzione definitiva, e non facile, della questione.
Dalle “Sagre del programma” di Emiliano è arrivato un messaggio chiaro: “i ghetti vanno chiusi”. Il presidente della regione, Michele Emiliano, ha dichiarato che “l’incendio si è verificato proprio quando la decisione di smantellare tutto è arrivata dalla Regione” , e i fatti e le carte gli danno ragione. Non può essere degna di una visione di accoglienza un ghetto, non può bastare un incarico a Emergency per trattare la questione in “modo di sinistra”, i ghetti vanno chiusi e trovate altre forme per accogliere i migranti. Si, accogliere. Perché quelle quattrocento perone che vivevano in modo stabile in quella città fantasma, unite alle altre millecinque nel periodo della raccolta del pomodoro, lavorano nel nostro territorio, sono forza lavoro del nostro territorio e sono sottopagati, umiliati dalle stesse persone che poi magari invocano ruspe e si ispirano a Salvini. La raccolta delle olive, la raccolta dei pomodori, il lavoro nei campi, la manovalanza sono tutti lavori che svolgono gli ospiti del ghetto, quelli che pur lavorando non riescono a pagare l’affitto per una casa dignitosa.
La Puglia che guarda al futuro, che vuole essere terra di convivialità e di convivenza deve finalmente indignarsi fino in fondo a qualunque residuo di schiavismo e di Medioevo, siamo già in ritardo. La provincia di Foggia è la prima provincia in Italia per numero di stranieri in agricoltura con il 6,4 per cento, la prima tra le 16 province che insieme assorbono il 50,6% della totalità dei migranti nei campi. L’intervento successivo all’incendio deve dimostrare che la legalità deve diventare fattore di sviluppo virtuoso dell'economia della Puglia. Una cosa deve essere chiara: se gli immigrati venissero assunti regolarmente, pagati adeguatamente non vivrebbero in condizione disumane, lo ribadisco. Non ci può essere un terzo mondo a due passi da casa, è qualcosa di inconcepibile ed inaccettabile. È chiaro che se la questione la spostiamo dal punto di vista ideologico a quello pratico una soluzione dobbiamo immaginarla.
Esempi concreti da cui trarre ispirazione per attuare politiche dell’accoglienza sostenibili ce ne sono molti. Ma molto poco conosciuti. Come lo Sprar di Mazzarino, nella provincia di Caltanissetta, dove l’associazione “I Girasoli” accoglie giovani migranti facendoli sentire a casa e, allo stesso tempo, insegnando loro mestieri utili anche al tessuto sociale locale. O come, all’altro capo della penisola, nel bresciano, dove la cooperativa K-Pax sperimenta con successo l’efficacia dell’elaborazione e della realizzazione di un percorso personale di integrazione formativa, lavorativa e abitativa in tempi chiari e definiti”. Anche qui: poche decine di migranti, non migliaia. E con una grande differenza: soggetti vulnerabili, quali i richiedenti asilo, non entrano a contatto con la criminalità o lo sfruttamento (lavorativo o sessuale) che spesso ruota attorno ai maxi campi, ma vivono come in una famiglia allargata e risultano integrati con la comunità ospitante e, nella maggior parte dei casi, hanno imparato o già svolgono lavori che vanno a beneficio dell’intera comunità.
Giornalista
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23-02-2021 Redazione
19-02-2021 Redazione